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Teoria della relatività
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Teoria della relatività
In fisica, col termine relatività si fa riferimento genericamente alle trasformazioni matematiche che devono essere applicate alle descrizioni dei fenomeni nel passaggio tra due sistemi di riferimento in moto relativo. L'espressione teoria della relatività è usata per riferirsi ad alle teorie einsteniane della teoria della relatività speciale e generale che Einstein ha elaborato tra il 1905 e il 1913, le quali hanno come elemento fondante il principio di relatività.
Evoluzione della teoria della relatività
Gli antichi greci cominciarono a interrogarsi sulla natura, sul suo ordine (cosmo) e sulla possibilità dell'esistenza di princìpi e leggi di natura. Quasi tutti i filosofi dell'antichità, tra cui Eraclito, Parmenide, Zenone, Leucippo, Democrito, Platone ed Aristotele, si occuparono di questioni che almeno in parte sono inerenti a quella che oggi viene chiamata fisica, parola che ha origine greca e che sta a rappresentare "le cose della natura". Nella fisica di Aristotele si trovano quelle che si potrebbero considerare come le prime teorie, benché inesatte, sul moto dei corpi; egli, comunque, non fu precursore del principio di inerzia, scoperto 20 secoli dopo da Galileo e la cui enunciazione formale è ascrivibile a Newton.
La scienza moderna comincia con l'assunto fondamentale, dovuto a Galileo Galilei, che le leggi della fisica abbiano la stessa forma rispetto a qualunque sistema di riferimento si adotti nel quale valga il principio di inerzia. Questo assunto venne definito nel 1609, è oggi chiamato principio di relatività galileiano, tuttora valido. Esso si basa sulla grande intuizione di Galileo della composizione dei moti e quindi della legge di somma delle velocità: se due osservatori sono in moto relativo tra loro e ognuno di loro si sposta con uniformità, in modo che la velocità relativa sia costante, misureranno spazi differenti rispetto allo stesso evento, ma la "forma" delle loro osservazioni ha la stessa veste algebrica. Nulla tuttavia si dice sui tempi.
Il concetto che il tempo sia legato al sistema di riferimento è il contributo proprio ed originale di Albert Einstein. Infatti, quando Newton, leggendo e studiando con accuratezza sia il Dialogo sopra i Massimi Sistemi, sia i Discorsi sopra una Nuova Scienza, interpretò le intuizioni originali presenti a livello geometrico negli scritti di Galileo, le assimilò e le fece proprie, originando così la forma matematica e fisica della meccanica, si trovò di fronte al principio di relatività e gli divenne manifesto che la sua adozione implicasse in modo necessario un riferimento in cui il primo principio della dinamica, ossia il principio di inerzia di Galileo, dovesse avere piena validità. Il vero problema tuttavia era e rimane dove collocare tale sistema di riferimento: risolse il dilemma asserendo che tutti gli spazi relativi si riferissero ad uno spazio assoluto, il solo esistente invariato e immutabile, e che l'immutabilità dello spazio assoluto fosse nient'altro che l'espressione dell'esistenza di un tempo assoluto, che scorre uniformemente, pervadendo tutto lo spazio assoluto.
La soluzione di Newton fu brillante e diventò un paradigma destinato a durare per secoli. Già Galileo, tuttavia, con i suoi tentativi di misurare la velocità della luce su base terrestre, esprimeva dubbi non risolti per l'epoca su come si dovesse intendere il principio di relatività e quindi il principio di inerzia ad esso strettamente correlato. Questi dubbi rimasero sopiti, offuscati dal fulgore del grande successo della meccanica newtoniana, fino al 1905.
Con l'avvento delle equazioni di Maxwell, delle trasformazioni di Lorentz e infine della teoria della relatività di Einstein viene meno il concetto, fino ad allora dato per scontato, di tempo assoluto. Il tempo e lo spazio sono legati insieme a formare quello che viene chiamato spaziotempo. La relatività generale postula invece l'uguaglianza della massa gravitazionale e della massa inerziale, e ne ricava la "forma" dello spaziotempo, ovvero la sua metrica generale.
Nonostante abbia dei limiti, in quanto tralascia la meccanica quantistica, resta una delle teorie più precise mai verificate sperimentalmente.
Evoluzione della teoria della relatività
Gli antichi greci cominciarono a interrogarsi sulla natura, sul suo ordine (cosmo) e sulla possibilità dell'esistenza di princìpi e leggi di natura. Quasi tutti i filosofi dell'antichità, tra cui Eraclito, Parmenide, Zenone, Leucippo, Democrito, Platone ed Aristotele, si occuparono di questioni che almeno in parte sono inerenti a quella che oggi viene chiamata fisica, parola che ha origine greca e che sta a rappresentare "le cose della natura". Nella fisica di Aristotele si trovano quelle che si potrebbero considerare come le prime teorie, benché inesatte, sul moto dei corpi; egli, comunque, non fu precursore del principio di inerzia, scoperto 20 secoli dopo da Galileo e la cui enunciazione formale è ascrivibile a Newton.
La scienza moderna comincia con l'assunto fondamentale, dovuto a Galileo Galilei, che le leggi della fisica abbiano la stessa forma rispetto a qualunque sistema di riferimento si adotti nel quale valga il principio di inerzia. Questo assunto venne definito nel 1609, è oggi chiamato principio di relatività galileiano, tuttora valido. Esso si basa sulla grande intuizione di Galileo della composizione dei moti e quindi della legge di somma delle velocità: se due osservatori sono in moto relativo tra loro e ognuno di loro si sposta con uniformità, in modo che la velocità relativa sia costante, misureranno spazi differenti rispetto allo stesso evento, ma la "forma" delle loro osservazioni ha la stessa veste algebrica. Nulla tuttavia si dice sui tempi.
Il concetto che il tempo sia legato al sistema di riferimento è il contributo proprio ed originale di Albert Einstein. Infatti, quando Newton, leggendo e studiando con accuratezza sia il Dialogo sopra i Massimi Sistemi, sia i Discorsi sopra una Nuova Scienza, interpretò le intuizioni originali presenti a livello geometrico negli scritti di Galileo, le assimilò e le fece proprie, originando così la forma matematica e fisica della meccanica, si trovò di fronte al principio di relatività e gli divenne manifesto che la sua adozione implicasse in modo necessario un riferimento in cui il primo principio della dinamica, ossia il principio di inerzia di Galileo, dovesse avere piena validità. Il vero problema tuttavia era e rimane dove collocare tale sistema di riferimento: risolse il dilemma asserendo che tutti gli spazi relativi si riferissero ad uno spazio assoluto, il solo esistente invariato e immutabile, e che l'immutabilità dello spazio assoluto fosse nient'altro che l'espressione dell'esistenza di un tempo assoluto, che scorre uniformemente, pervadendo tutto lo spazio assoluto.
La soluzione di Newton fu brillante e diventò un paradigma destinato a durare per secoli. Già Galileo, tuttavia, con i suoi tentativi di misurare la velocità della luce su base terrestre, esprimeva dubbi non risolti per l'epoca su come si dovesse intendere il principio di relatività e quindi il principio di inerzia ad esso strettamente correlato. Questi dubbi rimasero sopiti, offuscati dal fulgore del grande successo della meccanica newtoniana, fino al 1905.
Con l'avvento delle equazioni di Maxwell, delle trasformazioni di Lorentz e infine della teoria della relatività di Einstein viene meno il concetto, fino ad allora dato per scontato, di tempo assoluto. Il tempo e lo spazio sono legati insieme a formare quello che viene chiamato spaziotempo. La relatività generale postula invece l'uguaglianza della massa gravitazionale e della massa inerziale, e ne ricava la "forma" dello spaziotempo, ovvero la sua metrica generale.
Nonostante abbia dei limiti, in quanto tralascia la meccanica quantistica, resta una delle teorie più precise mai verificate sperimentalmente.
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